giovedì 30 aprile 2015

Walden Waltz, "Eleven sons", 2015

Stereocensione Stereobus illimitarte Villaricca Napoli Mauro Boccuni recensione musica"Eleven sons" dei Walden Waltz sembra un lavoro maturato nella serenità di un casale di campagna.

Un luogo che forse assomiglia ad una comune, frequentato da artisti, liberi pensatori, filosofi da osteria, contadini, fattori, tecnici del suono, operai ed ingegneri del web 3.0, nutrizionisti vegani e macrobiotici, officianti di religioni di ogni luogo e origine, operatori di "politiche dal basso".
La copertina di "Eleven sons" dei Walden Waltz, 2015

"Eleven sons" sembra essere stato concepito in un posto dove il confronto solidale tra i componenti del collettivo musicale si sostituisce al regime dispotico di una ripartizione di compiti, bene suddivisi tra le parti in causa.

I Walden Waltz, leggo dai comunicati ed informazioni prese dal web, sono originari di Arezzo o della provincia di Arezzo.

La formazione risale al 2011 e in breve scatena interesse attorno a sè, come da prassi in questi casi.


La differenza è che questa "prassi" loro, i Walden Waltz se la vanno a giocare direttamente sulle strade degli Stati Uniti, per precisione sulle arterie stradali e i locali della costa orientale degli Stati Uniti.

Piccola nota critica: chissà perché nei comunicati agli operatori del settore, come il sottoscritto, "costa orientale" devono indicartelo in americano, come se l'espressione portasse con sè chissà quale ulteriore valore aggiunto.
"East coast" significa solo "costa orientale".

Torniamo al racconto.

Galeotto, a questo punto, per il collettivo Walden Waltz diventa un incidente di percorso, la rottura del van sul quale viaggiavano.

Potremmo farci un ragionamento su questo trauma in senso psicanalatico, potremmo discettare tra casualità e destino, a questo punto. Dal tipo di suggestioni, sento che band qualche riflessione a distanza deve averla fatta.

La storia ci dice che riescono a prendere un aereo per la California dove riescono a farsi notare dal produttore Ron Nevison con cui tirano fuori il primo singolo "Looking Down".

Quindi sono tornati a casa loro e hanno "partorito" il cd che vi sto commentando, "Eleven sons".

Il lavoro è uscito la settimana scorsa cioè il 17 aprile 2015 e presenta 11 brani.

E' un ascolto ispirato all'equilibrio delle differenze, degli opposti che trovano nell'incontro, nella mediazione una loro ragione di sintesi e di affermazione. Umana e musicale.

E' un risultato di sperimentazione ma nel senso di un esercizio di crescita artistica del collettivo, non necessariamente sotto l'aspetto poetico musicale che è di immediata nonchè gioiosa fruibilità.

E' quindi un lavoro che non richiede un particolare impegno e si rivolge o meglio può esser accolto con immediata disponibilità emotiva dagli appassionati di gruppi come i Love, i Grateful Dead, i Jefferson Airplane, la Band, i Byrds, CSN, i Doors, The Fairport Convention, i Beach Boys e infine anche i Gong.


Si alternano ballate acustiche a lunghe "mantra song" di sapore blues psichedelico, strumentali a poesie di ispirazione naturale.

Nei testi ritroviamo la stessa tensione verso lunghe riflessioni interiori, trance meditativi, fughe dall'immanenza del vissuto, ritratti di cose minime.

La confezione del cd  è più che pregevole con un libretto apribile in A5 con un'opera di Andrea Bianconi "dal titolo "Tunnel city 27"

Mauro Boccuni

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